Gruppo del Laocoonte
E' una scultura in marmo attribuita agli scultori Agesandro, Atanodoro e Polidoro, conservata a Roma nel Museo Pio-Clementino dei Musei Vaticani.
Si ipotizza che la statua sia stata creata nel periodo tra la metà del II sec. a.C. alla metà del I sec.d.C. Lo studioso Bernard Andreae, ha ipotizzato che il Laocoonte sia una copia di un originale ellenistico fuso in bronzo, come dimostrerebbero alcuni dati tecnici e stilistici. La statua nella sua parte posteriore è composta da marmo di Luna, non usato prima del I sec. a.C. Vi sono poi vari dettagli che sono tipici della fusione a cera persa come ad esempio il mantello posto sulla spalla del giovane a destra, espediente necessario per consentire il passaggio del metallo fuso. Si pensa che l'originale fosse stato creato a Pergamo, come suggeriscono alcuni dati stilistici con opere della scuola locale.
Plinio raccontava di aver visto una statua del Laocoonte nella casa dell'imperatore Tito e ci ha lasciato questo scritto:
“Né poi è di molto la fama della maggior parte, opponendosi alla libertà di certuni fra le opere notevoli la quantità degli artisti, perché non uno riceve la gloria né diversi possono ugualmente essere citati, come nel Laoconte, che è nel palazzo dell'imperatore Tito, opera che è da anteporre a tutte le cose dell'arte sia per la pittura sia per la scultura. Da un solo blocco per decisione di comune accordo i sommi artisti Agesandro, Polidoro e Atenodoro
di Rodi fecero lui e i figli e i mirabili intrecci dei serpenti.”
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXVI, 37
Approfondimenti sul Lacoonte
Al Museo Ambrosiano di Milano, è esposta una copia del celebre gruppo scultoreo del Laocoonte dei Musei Vaticani, con la dicitura:
BARTH. CHALCVS PATRIC. MED.
MVSAEO AMBROSIANO
D.D
AN. MDCLXXXIIX
Questa copia proviene dalla Casa degli Omenoni di Milano, dove Leone Leoni aveva la sua collezione di calchi in gesso delle principali opere artistiche di Roma. Bartolomeo Calchi donò la scultura all'Ambrosiana, dove fu esposta (insieme alla copia della Pietà di Michelangelo). Il braccio destro disteso e non piegato prova che questo calco fu eseguito dopo i restauri con i quali si intervenne sull’originale negli annida 15321533.
E' una scultura in marmo attribuita agli scultori Agesandro, Atanodoro e Polidoro, conservata a Roma nel Museo Pio-Clementino dei Musei Vaticani.
Si ipotizza che la statua sia stata creata nel periodo tra la metà del II sec. a.C. alla metà del I sec.d.C. Lo studioso Bernard Andreae, ha ipotizzato che il Laocoonte sia una copia di un originale ellenistico fuso in bronzo, come dimostrerebbero alcuni dati tecnici e stilistici. La statua nella sua parte posteriore è composta da marmo di Luna, non usato prima del I sec. a.C. Vi sono poi vari dettagli che sono tipici della fusione a cera persa come ad esempio il mantello posto sulla spalla del giovane a destra, espediente necessario per consentire il passaggio del metallo fuso. Si pensa che l'originale fosse stato creato a Pergamo, come suggeriscono alcuni dati stilistici con opere della scuola locale.
Plinio raccontava di aver visto una statua del Laocoonte nella casa dell'imperatore Tito e ci ha lasciato questo scritto:
“Né poi è di molto la fama della maggior parte, opponendosi alla libertà di certuni fra le opere notevoli la quantità degli artisti, perché non uno riceve la gloria né diversi possono ugualmente essere citati, come nel Laoconte, che è nel palazzo dell'imperatore Tito, opera che è da anteporre a tutte le cose dell'arte sia per la pittura sia per la scultura. Da un solo blocco per decisione di comune accordo i sommi artisti Agesandro, Polidoro e Atenodoro
di Rodi fecero lui e i figli e i mirabili intrecci dei serpenti.”
Plinio il Vecchio, Naturalis Historia, XXXVI, 37
Approfondimenti sul Lacoonte
Al Museo Ambrosiano di Milano, è esposta una copia del celebre gruppo scultoreo del Laocoonte dei Musei Vaticani, con la dicitura:
BARTH. CHALCVS PATRIC. MED.
MVSAEO AMBROSIANO
D.D
AN. MDCLXXXIIX
Questa copia proviene dalla Casa degli Omenoni di Milano, dove Leone Leoni aveva la sua collezione di calchi in gesso delle principali opere artistiche di Roma. Bartolomeo Calchi donò la scultura all'Ambrosiana, dove fu esposta (insieme alla copia della Pietà di Michelangelo). Il braccio destro disteso e non piegato prova che questo calco fu eseguito dopo i restauri con i quali si intervenne sull’originale negli annida 15321533.
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