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San Giovanni in Val di Lago. (Viterbo)
​di Francesca Pontani. Archeologa. Comunicazione.
​ 
La chiesa di San Giovanni in Val di Lago fu eretta tra il 1569 e il 1590. E’ una chiesa architettonicamente molto interessante: a pianta ottagonale, quindi simbolicamente molto significativa, sulle rive del lago di Bolsena, a pochi chilometri da San Lorenzo Nuovo (Viterbo).
Il progetto fu opera dell’architetto Pietro Tartarino (progettista della cattedrale di Montefiascone) e si ispira all’impianto delle chiese a pianta centrale, delle quali esistono interessanti esempi nei vicini centri di Montefiascone e Orvieto.
L’edificio della chiesa è costituito da un corpo di forma ottagonale e da un presbiterio rettangolare: per San Giovanni in Val di Lago il progetto del Tartarino prevedeva sicuramente la copertura dell’ottagono con una cupola costruita in mattoni, come possiamo ancora oggi vedere nelle chiese a pianta centrale presenti nella zona.
La soluzione adottata qui però, più semplice ed economica, fu invece quella di una copertura con mezzane e canali sostenuti da una struttura lignea a travicelli di quercia tenuti da staffe e chiodi di ferro.
La Chiesa ha avuto il suo momento di massima importanza e frequentazione nel ‘600 per poi seguire il destino della popolazione dell’antica San Lorenzo costretta da varie vicissitudini a spostarsi nell’attuale San Lorenzo Nuovo.
Infatti purtroppo è bastato che intorno al 1800 la festa annuale di San Giovanni fosse trasferita dal luogo antico della chiesa al paese di San Lorenzo Nuovo, perché trascuratezza e decadenza investissero anche la struttura lignea del tetto, così da rendere necessaria nel 1828 la sua demolizione.
Ancora oggi, purtroppo, è senza copertura con conseguente esposizione agli agenti atmosferici dei suoi bellissimi stucchi e pitture interne.
Un gioiello di architettura che chiede di essere curato e valorizzato.
“Il futuro della Chiesa di San Giovanni è quello di un restauro per il quale sembra siano già stati stanziati i fondi; ma allo stesso tempo quest’area è interessata da forti investimenti sulla monocultura della nocciola che porterà inevitabilmente una distorsione estetica e un inquinamento devastante.
L’originaria appartenenza reciproca tra uomo e paesaggio è qui esemplare e si gioca attraverso un insieme di relazioni che rende possibile la bellezza come orizzonte di senso e come espressione di un ambiente custodito, la Chiesa di san Giovanni ci permette dunque di fare esperienza di una bellezza che non può essere sradicata e separata dal contesto”
(Alice Rohrwacher).

Foto
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