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Quattro anni dopo
di Alessandro Coscia e Sergio Coppola
Attorno al 1000 a.C. i mercanti del popolo Yuehzi del Xinijang si inventano i primi percorsi commerciali lungo il “corridoio del Gansu”, la rotta che attraversa la provincia omonima e che conduce dalla Cina settentrionale all’Asia Centrale.
La seta viene portata in Siberia, ma possiamo già parlare di globalizzazione: nella tomba di un faraone egizio, databile al 1070 a.C., i ritrovamenti di fibre di seta lasciano ipotizzare che fossero già in atto scambi commerciali lungo una rotta meridionale, fino al Mediterraneo.
La Via della Seta è non solo un reticolo di percorsi, terresti e marittimi; è il risultato di dinamiche storiche iniziate più di duemila anni fa e che producono effetti ancora percepibili nella quotidianità. Via della Seta è un termine che mantiene un suo senso profondo adattabile alle vicende della nostra epoca e che trascende il significato puramente geografico, come dimostra l’uso frequente in tutti i media.
Quattro anni fa, quando fu pubblicato il libro Storie segrete sulla Via della Seta, il nostro obiettivo era cercare connessioni culturali fra eventi per spiegare fenomeni apparentemente eccentrici: il mausoleo di un re dei Goti con caratteristiche al tempo stesso romane e “barbare”; la straordinaria mescolanza di elementi greci, persiani, indiani, centroasiatici che si è prodotta grazie alla visionarietà del più famoso leader dell’antichità greca, Alessandro Magno; il confronto fra due sguardi reciproci di due mondi agli antipodi, l’impero romano e l’impero cinese.
Ogni viaggio, anche quello di una ricerca storica, cambia le coordinate di metodo e cambia il viaggiatore, cioè gli autori di questo libro e di questo sito. Ci siamo liberati – almeno in parte – della visione eurocentrica e abbiamo provato a guardare ai fenomeni storici con uno sguardo globale.
Con occhi nuovi abbiamo visto che il mausoleo di Teodorico è una tenda nomade “pietrificata”.
Abbiamo inseguito le tracce di un vino leggendario, citato sia dai Romani che dai Cinesi, fino a terre dove si incontravano mercanti orientali e occidentali, soldati da ogni parte del mondo conosciuto, filosofi greci e missionari buddisti, artisti e scrittori,
Alessandro Magno trascina il suo esercito e il suo sogno di dominio universale sulle rotte della Via della Seta, che sembra essere stata ancor prima, la Via del Vino. Qui si sono modellate idee, religioni, forme di insediamento, letterature, commerci e invenzioni che noi cosiddetti moderni abbiamo riscoperto più volte nel corso dei secoli. Abbiamo incontrato uno strano oggetto – ma che non dovremmo più considerare come tale – che conferma le narrazioni delle fonti antiche: il cosiddetto “arazzo di Sanpul”, rinvenuto in una sepoltura a Sampul, in Cina, nel bacino del Tarim, e datato al III-II secolo a.C. L’arazzo, intessuto in lana con ventiquattro fili di colore diverso, raffigura un guerriero con le fattezze occidentali e gli occhi azzurri e un centauro. Entrambe le figure ritratte hanno i tratti inocografici tipici dell’arte greco-ellenistica e sono la testimonianza materiale di contatti avvenuti nel III secolo a.C. fra le popolazioni greche, quelle dell’Asia Centrale e del bacino del Tarim.
Parlare di contatti significa parlare di guerre, relazioni diplomatiche, scambi commerciali, ma anche di matrimoni misti, di culti che si influenzano a vicenda, di linguaggi che si confrontano, e alcuni capitoli del libro cercheranno di rendere l’idea di quel quadro vivace di intrecci di culture che si è prodotto per secoli lungo la Via della Seta.
L’area della Fergana, ovvero la regione della catena del Tian Shan in Asia Centrale che comprende l’Uzbekistan orientale, il Kirghizistan meridionale e il Tagikistan settentrionale, è ancora oggi l’area più fertile e densamente popolata di queste zone.
I greci che la abitavano e, in genere questa regione, vengono chiamati Dayuan nelle fonti cinesi. I Registri della Grande Storia, redatti all’epoca della dinastia imperiale degli Han, e pubblicati nel 126 a.C., parlano di questa valle, basandosi sui resoconti dell’ufficiale e esploratore Zhang Qian: i Dayuan erano rinomati per i loro cavalli pesanti che i Cinesi cercarono di ottenere, senza successo, fino a scatenare nel 104 a.C. una vera e propria guerra. I Registri descrivono i territori dei Dayuan come “vasti paesi, pieni di cose rare, con una popolazione che vive in fisse dimore e che si dedica a occupazioni alquanto simili a quelle del popolo cinese, ma con eserciti deboli e che dà gran valore alla ricca produzione della Cina”.
Gli occhi cinesi, nel secondo secolo a.C., vedono i discendenti dei coloni greci in Asia Centrale come una civiltà raffinata, caratterizzata da insediamenti urbani stabili, fatto che viene notato perché molte popolazioni di quelle regioni erano nomadi. Si evidenziano anche le somiglianze nelle attività quotidiane e si notano le “cose rare”: forse una di queste rarità era proprio la produzione tessile, di cui l’arazzo, eseguito con tecniche appunto occidentali, è un esempio.
In queste narrazioni vediamo già in atto le dinamiche commerciali e culturali che caratterizzeranno la Via della Seta per i secoli a venire. Basti pensare a Samarcanda, nell’attuale Uzbekistan, sedimentata nell’immaginario come una delle porte principali verso l’oriente: già capitale della satrapia della Sogdiana sotto la dinastia persiana degli Achemenidi, poi conquistata da Alessandro Magno e, sotto i Sasanidi, di nuovo una delle più importanti città dell’impero. Con Tamerlano, dal 1370, Samarcanda conosce una fantastica esplosione edilizia, arricchendosi di meravigliosi edifici pubblici. Samarcanda è l’emblema del crocevia di rapporti commerciali e culturali che hanno reso la Via della Seta un veicolo di innovazioni, scoperte e progressi.
E, per chiudere il cerchio e aprire nuove rotte, il legame coi Gesuiti ci porta a Milano- La Biblioteca Nazionale Braidense, che conserva un copioso fondo librario appartenuto proprio ai Gesuiti, he nel suo DNA stretti rapporti con il mondo orientale.
Quando nel 1585, approdò a Milano la prima ambasceria dall’oriente organizzata dal missionario gesuita Alessandro Valignano, i quattro nobili giapponesi della spedizione furono ospitati proprio nel Collegio dei Gesuiti di Brera. Nel corso del diciasettesimo secolo i contatti con la Cina e la presenza gesuita in oriente si sono intensificati e il cardinale Federico Borromeo in più occasioni accolse missionari gesuiti di ritorno dalla Cina, ospitandoli e facendoli studiare nella Biblioteca Ambrosiana.
I testi conservati alla Biblioteca Braidense (sono centocinquanta solo quelli del fondo di libri cinesi) mostrano le tappe dei contatti fra Milano e la Cina nei due sensi: sia quello della diffusione della cultura occidentale in oriente, sia quello della ricezione della cultura cinese in occidente.
Il progresso sano è sempre un rapporto nelle due direzioni, e la storia, se si cerca bene, ce lo dimostra con prove inconfutabili.
MIMESIS Editore, Collana Resilienze, 3^ Ed. marzo 2023
Autori: Alessandro Coscia e Sergio Coppola
Link al video: STORIE SEGRETE SULLA VIA DELLA SETA Edizione Novembre 2022
Alessandro Coscia Archeologo
Sergio Coppola Designer
BLOG: Silvia Togni: 27.05.2022
"Un appunto: Teoderico non era un imperatore romano, quanto piuttosto un re barbaro...federato e romanizzato, ma pur sempre barbaro".
La Redazione: a livello formale in effetti Teodorico non aveva titolo di imperatore anche se le fonti antiche ci dicono che si comportava come tale. Ad esempio Procopio, lo storico della Guerra Gotica, scriveva che Teodorico aveva il titolo di Rex, cioè di capo barbarico, ma di fatto era vero imperatore. Teodorico si vantava che il suo regno fosse copia dell'unico impero. La ringraziamo per il suo commento che ci aiuta a migliorare il lavoro.
Quattro anni dopo
di Alessandro Coscia e Sergio Coppola
Attorno al 1000 a.C. i mercanti del popolo Yuehzi del Xinijang si inventano i primi percorsi commerciali lungo il “corridoio del Gansu”, la rotta che attraversa la provincia omonima e che conduce dalla Cina settentrionale all’Asia Centrale.
La seta viene portata in Siberia, ma possiamo già parlare di globalizzazione: nella tomba di un faraone egizio, databile al 1070 a.C., i ritrovamenti di fibre di seta lasciano ipotizzare che fossero già in atto scambi commerciali lungo una rotta meridionale, fino al Mediterraneo.
La Via della Seta è non solo un reticolo di percorsi, terresti e marittimi; è il risultato di dinamiche storiche iniziate più di duemila anni fa e che producono effetti ancora percepibili nella quotidianità. Via della Seta è un termine che mantiene un suo senso profondo adattabile alle vicende della nostra epoca e che trascende il significato puramente geografico, come dimostra l’uso frequente in tutti i media.
Quattro anni fa, quando fu pubblicato il libro Storie segrete sulla Via della Seta, il nostro obiettivo era cercare connessioni culturali fra eventi per spiegare fenomeni apparentemente eccentrici: il mausoleo di un re dei Goti con caratteristiche al tempo stesso romane e “barbare”; la straordinaria mescolanza di elementi greci, persiani, indiani, centroasiatici che si è prodotta grazie alla visionarietà del più famoso leader dell’antichità greca, Alessandro Magno; il confronto fra due sguardi reciproci di due mondi agli antipodi, l’impero romano e l’impero cinese.
Ogni viaggio, anche quello di una ricerca storica, cambia le coordinate di metodo e cambia il viaggiatore, cioè gli autori di questo libro e di questo sito. Ci siamo liberati – almeno in parte – della visione eurocentrica e abbiamo provato a guardare ai fenomeni storici con uno sguardo globale.
Con occhi nuovi abbiamo visto che il mausoleo di Teodorico è una tenda nomade “pietrificata”.
Abbiamo inseguito le tracce di un vino leggendario, citato sia dai Romani che dai Cinesi, fino a terre dove si incontravano mercanti orientali e occidentali, soldati da ogni parte del mondo conosciuto, filosofi greci e missionari buddisti, artisti e scrittori,
Alessandro Magno trascina il suo esercito e il suo sogno di dominio universale sulle rotte della Via della Seta, che sembra essere stata ancor prima, la Via del Vino. Qui si sono modellate idee, religioni, forme di insediamento, letterature, commerci e invenzioni che noi cosiddetti moderni abbiamo riscoperto più volte nel corso dei secoli. Abbiamo incontrato uno strano oggetto – ma che non dovremmo più considerare come tale – che conferma le narrazioni delle fonti antiche: il cosiddetto “arazzo di Sanpul”, rinvenuto in una sepoltura a Sampul, in Cina, nel bacino del Tarim, e datato al III-II secolo a.C. L’arazzo, intessuto in lana con ventiquattro fili di colore diverso, raffigura un guerriero con le fattezze occidentali e gli occhi azzurri e un centauro. Entrambe le figure ritratte hanno i tratti inocografici tipici dell’arte greco-ellenistica e sono la testimonianza materiale di contatti avvenuti nel III secolo a.C. fra le popolazioni greche, quelle dell’Asia Centrale e del bacino del Tarim.
Parlare di contatti significa parlare di guerre, relazioni diplomatiche, scambi commerciali, ma anche di matrimoni misti, di culti che si influenzano a vicenda, di linguaggi che si confrontano, e alcuni capitoli del libro cercheranno di rendere l’idea di quel quadro vivace di intrecci di culture che si è prodotto per secoli lungo la Via della Seta.
L’area della Fergana, ovvero la regione della catena del Tian Shan in Asia Centrale che comprende l’Uzbekistan orientale, il Kirghizistan meridionale e il Tagikistan settentrionale, è ancora oggi l’area più fertile e densamente popolata di queste zone.
I greci che la abitavano e, in genere questa regione, vengono chiamati Dayuan nelle fonti cinesi. I Registri della Grande Storia, redatti all’epoca della dinastia imperiale degli Han, e pubblicati nel 126 a.C., parlano di questa valle, basandosi sui resoconti dell’ufficiale e esploratore Zhang Qian: i Dayuan erano rinomati per i loro cavalli pesanti che i Cinesi cercarono di ottenere, senza successo, fino a scatenare nel 104 a.C. una vera e propria guerra. I Registri descrivono i territori dei Dayuan come “vasti paesi, pieni di cose rare, con una popolazione che vive in fisse dimore e che si dedica a occupazioni alquanto simili a quelle del popolo cinese, ma con eserciti deboli e che dà gran valore alla ricca produzione della Cina”.
Gli occhi cinesi, nel secondo secolo a.C., vedono i discendenti dei coloni greci in Asia Centrale come una civiltà raffinata, caratterizzata da insediamenti urbani stabili, fatto che viene notato perché molte popolazioni di quelle regioni erano nomadi. Si evidenziano anche le somiglianze nelle attività quotidiane e si notano le “cose rare”: forse una di queste rarità era proprio la produzione tessile, di cui l’arazzo, eseguito con tecniche appunto occidentali, è un esempio.
In queste narrazioni vediamo già in atto le dinamiche commerciali e culturali che caratterizzeranno la Via della Seta per i secoli a venire. Basti pensare a Samarcanda, nell’attuale Uzbekistan, sedimentata nell’immaginario come una delle porte principali verso l’oriente: già capitale della satrapia della Sogdiana sotto la dinastia persiana degli Achemenidi, poi conquistata da Alessandro Magno e, sotto i Sasanidi, di nuovo una delle più importanti città dell’impero. Con Tamerlano, dal 1370, Samarcanda conosce una fantastica esplosione edilizia, arricchendosi di meravigliosi edifici pubblici. Samarcanda è l’emblema del crocevia di rapporti commerciali e culturali che hanno reso la Via della Seta un veicolo di innovazioni, scoperte e progressi.
E, per chiudere il cerchio e aprire nuove rotte, il legame coi Gesuiti ci porta a Milano- La Biblioteca Nazionale Braidense, che conserva un copioso fondo librario appartenuto proprio ai Gesuiti, he nel suo DNA stretti rapporti con il mondo orientale.
Quando nel 1585, approdò a Milano la prima ambasceria dall’oriente organizzata dal missionario gesuita Alessandro Valignano, i quattro nobili giapponesi della spedizione furono ospitati proprio nel Collegio dei Gesuiti di Brera. Nel corso del diciasettesimo secolo i contatti con la Cina e la presenza gesuita in oriente si sono intensificati e il cardinale Federico Borromeo in più occasioni accolse missionari gesuiti di ritorno dalla Cina, ospitandoli e facendoli studiare nella Biblioteca Ambrosiana.
I testi conservati alla Biblioteca Braidense (sono centocinquanta solo quelli del fondo di libri cinesi) mostrano le tappe dei contatti fra Milano e la Cina nei due sensi: sia quello della diffusione della cultura occidentale in oriente, sia quello della ricezione della cultura cinese in occidente.
Il progresso sano è sempre un rapporto nelle due direzioni, e la storia, se si cerca bene, ce lo dimostra con prove inconfutabili.
MIMESIS Editore, Collana Resilienze, 3^ Ed. marzo 2023
Autori: Alessandro Coscia e Sergio Coppola
Link al video: STORIE SEGRETE SULLA VIA DELLA SETA Edizione Novembre 2022
Alessandro Coscia Archeologo
Sergio Coppola Designer
BLOG: Silvia Togni: 27.05.2022
"Un appunto: Teoderico non era un imperatore romano, quanto piuttosto un re barbaro...federato e romanizzato, ma pur sempre barbaro".
La Redazione: a livello formale in effetti Teodorico non aveva titolo di imperatore anche se le fonti antiche ci dicono che si comportava come tale. Ad esempio Procopio, lo storico della Guerra Gotica, scriveva che Teodorico aveva il titolo di Rex, cioè di capo barbarico, ma di fatto era vero imperatore. Teodorico si vantava che il suo regno fosse copia dell'unico impero. La ringraziamo per il suo commento che ci aiuta a migliorare il lavoro.
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