GLOBALIZZAZIONE e GEOPOLITICA
di Lucio Coppola
UNDER CONSTRUCTION 5-05-2022
Credo che nessuno abbia dubbi sul fatto che l’umanità nel suo insieme cerca di migliorare le sue condizioni di vita. Ogni persona è infatti attenta alla sua condizione economica e cerca di migliorarla. L’insieme di queste persone porta a una economia più efficiente.
Qual è l’economia più efficiente? Quella globalizzata. La globalizzazione quindi è una realtà legata all’economia. Specializzare ciascuno a dare il meglio di sé stesso alla comunità per ottenerne il massimo ritorno economico.
Là dove ci sono barriere si creano circoli viziosi che favoriscono sicuramente qualcuno ma nuocciono alla comunità.
Tuttavia ogni persona trova che il sale della vita sia lo scoprire modi nuovi di comportarsi e di vivere. L’uomo ama viaggiare per imparare, l’uomo ama la diversità perché questa stimola la mente ed allarga le vedute.
Da questo punto di vista si apprezzano molto le diverse culture, le diverse abitudini, i diversi modi di socializzare: ognuno si sente libero di comportarsi in modo diverso e di trarre ispirazione dalle diverse persone che incontra. Apprezzare questo aspetto comunque non significa favorire la diversità, perché alla fin fine vogliamo cogliere dalla diversità degli stimoli all’imitazione e quindi alla omogeneizzazione ed in definitiva alla globalizzazione, ma certamente speriamo che le diversità esistano sempre per poterne godere gli aspetti positivi.
Questo concetto sociale è peraltro perfettamente allineato anche alla fisica. L’entropia è una misura del disordine e tutti i fisici sanno che l’entropia dell’universo è in diminuzione. Chiunque sa che se versiamo in una tazza del latte e poi del caffè, non saremo più in grado di avere del latte o del caffè puro, ma avremo solo un caffelatte: per loro natura gli elementi si mescolano.
Tutto questo sta per dire che chi predica la conservazione, i campanilisti, i regionalisti, i nazionalisti, i guru della geopolitica sono comunque persone che cercano di arrestare un processo lento quanto si vuole, ma che comunque avrà il sopravvento. Si tratta di egoisti, quelli che hanno il caffè e non lo vogliono diluire col latte, che si bendano gli occhi per non vedere che ritardare il processo di globalizzazione significa ghettizzare una parte di umanità e che questo genera non solo disagio, ma spesso violenza anche grave e quindi alla lunga “non è conveniente”. Non è certo lungimirante alzare dei muri: noi di qui e gli altri di là. I muri non tengono.
Esaminiamo dettagliatamente gli aspetti geopolitici. Quando fu creato questo concetto, nel 1800, i termini vicino e lontano avevano un certo significato. Ci si muoveva a cavallo, i cannoni raggiungevano bersagli distanti al massimo qualche chilometro, le comunicazioni più veloci erano effettuate con torri ottiche. Non si volava. La distanza di sicurezza dalle aggressività di potenziali nemici era dell’ordine dei chilometri.
Oggi i continenti sono superati d’un balzo in poche ore, i satelliti presidiano i cieli di tutte le nazioni, le comunicazioni sono istantanee a tutte le distanze. Che senso può avere ancora la geopolitica? Sessanta anni fa, ai tempi della crisi di Cuba, avere i missili russi a Cuba poteva significare per gli americani non avere tempo per difendersi da eventuali attacchi, ma oggi avere eventuali missili a Kiev invece che a Varsavia può cambiare di qualche minuto il tempo disponibile per la difesa di Mosca, per non parlare dei satelliti geostazionari che possono essere fermi su Mosca pronti ad un intervento immediato.
La geopolitica tradizionale è già morta, ne resta solo qualche vestigia nella cultura, nel carattere delle persone, nelle fonti di approvvigionamento delle derrate alimentari. Resta senz’altro la prepotenza delle cosiddette grandi potenze che decidono arbitrariamente quanto deve essere grande la zona di rispetto delle loro capitali, citando eventualmente periodi storici antecedenti, di solito senza nessun particolare significato.
di Lucio Coppola
UNDER CONSTRUCTION 5-05-2022
Credo che nessuno abbia dubbi sul fatto che l’umanità nel suo insieme cerca di migliorare le sue condizioni di vita. Ogni persona è infatti attenta alla sua condizione economica e cerca di migliorarla. L’insieme di queste persone porta a una economia più efficiente.
Qual è l’economia più efficiente? Quella globalizzata. La globalizzazione quindi è una realtà legata all’economia. Specializzare ciascuno a dare il meglio di sé stesso alla comunità per ottenerne il massimo ritorno economico.
Là dove ci sono barriere si creano circoli viziosi che favoriscono sicuramente qualcuno ma nuocciono alla comunità.
Tuttavia ogni persona trova che il sale della vita sia lo scoprire modi nuovi di comportarsi e di vivere. L’uomo ama viaggiare per imparare, l’uomo ama la diversità perché questa stimola la mente ed allarga le vedute.
Da questo punto di vista si apprezzano molto le diverse culture, le diverse abitudini, i diversi modi di socializzare: ognuno si sente libero di comportarsi in modo diverso e di trarre ispirazione dalle diverse persone che incontra. Apprezzare questo aspetto comunque non significa favorire la diversità, perché alla fin fine vogliamo cogliere dalla diversità degli stimoli all’imitazione e quindi alla omogeneizzazione ed in definitiva alla globalizzazione, ma certamente speriamo che le diversità esistano sempre per poterne godere gli aspetti positivi.
Questo concetto sociale è peraltro perfettamente allineato anche alla fisica. L’entropia è una misura del disordine e tutti i fisici sanno che l’entropia dell’universo è in diminuzione. Chiunque sa che se versiamo in una tazza del latte e poi del caffè, non saremo più in grado di avere del latte o del caffè puro, ma avremo solo un caffelatte: per loro natura gli elementi si mescolano.
Tutto questo sta per dire che chi predica la conservazione, i campanilisti, i regionalisti, i nazionalisti, i guru della geopolitica sono comunque persone che cercano di arrestare un processo lento quanto si vuole, ma che comunque avrà il sopravvento. Si tratta di egoisti, quelli che hanno il caffè e non lo vogliono diluire col latte, che si bendano gli occhi per non vedere che ritardare il processo di globalizzazione significa ghettizzare una parte di umanità e che questo genera non solo disagio, ma spesso violenza anche grave e quindi alla lunga “non è conveniente”. Non è certo lungimirante alzare dei muri: noi di qui e gli altri di là. I muri non tengono.
Esaminiamo dettagliatamente gli aspetti geopolitici. Quando fu creato questo concetto, nel 1800, i termini vicino e lontano avevano un certo significato. Ci si muoveva a cavallo, i cannoni raggiungevano bersagli distanti al massimo qualche chilometro, le comunicazioni più veloci erano effettuate con torri ottiche. Non si volava. La distanza di sicurezza dalle aggressività di potenziali nemici era dell’ordine dei chilometri.
Oggi i continenti sono superati d’un balzo in poche ore, i satelliti presidiano i cieli di tutte le nazioni, le comunicazioni sono istantanee a tutte le distanze. Che senso può avere ancora la geopolitica? Sessanta anni fa, ai tempi della crisi di Cuba, avere i missili russi a Cuba poteva significare per gli americani non avere tempo per difendersi da eventuali attacchi, ma oggi avere eventuali missili a Kiev invece che a Varsavia può cambiare di qualche minuto il tempo disponibile per la difesa di Mosca, per non parlare dei satelliti geostazionari che possono essere fermi su Mosca pronti ad un intervento immediato.
La geopolitica tradizionale è già morta, ne resta solo qualche vestigia nella cultura, nel carattere delle persone, nelle fonti di approvvigionamento delle derrate alimentari. Resta senz’altro la prepotenza delle cosiddette grandi potenze che decidono arbitrariamente quanto deve essere grande la zona di rispetto delle loro capitali, citando eventualmente periodi storici antecedenti, di solito senza nessun particolare significato.