IL MARE E LA VIA DELLA SETA
30 avanti Cristo: per gli amanti delle date, questo anno segna una svolta nei rapporti di Roma con l’oriente e, in generale, nella storia dei contatti fra civiltà differenti.
L’Egitto, infatti, diventa provincia dell’impero romano, gestita direttamente da Augusto. Roma acquisisce una regione fondamentale dal punto di vista geopolitico: l’Egitto dei Tolomei, alla cui dinastia apparteneva la regina Cleopatra, sconfitta insieme al suo amante Antonio dal neoimperatore, controllava le rotte commerciali con l’India grazie alla posizione strategica di Alessandria, la capitale del regno.
Roma ha di fronte a sé la possibilità di usare i porti sul Mar Rosso, già fondati dai Greci di epoca ellenistica e di sfruttare la navigazione con i monsoni stagionali. Questo significava maggiore sicurezza, grazie all’abbandono delle rotte costiere, più lunghe e pericolose, e tempi relativamente più brevi.
Lo storico Strabone ci racconta che Augusto ricevette ad Antiochia un ambasciatore da un regno dell’India meridionale, chiamato Pandryan da Dramira. Come sappiamo, gli incontri politici e diplomatici sono l’occasione per formalizzare rapporti commerciali vantaggiosi per le parti in gioco.
Roma valorizza i porti già fondati dai Tolomei, Arsinoe, Berenice e Myos Hormos e fa quello che sa fare meglio: potenziare intuizioni di altre civiltà e mettere in campo la sua formidabile macchina organizzativa e logistica. I Romani ripuliscono il canale tolemaico che collegava il Nilo al porto di Arsinoe, che si era ostruito a causa del limo.
L’obiettivo è chiaro: sostituire gli itinerari commerciali terrestri spostando il più possibile i traffici sulle rotte marittime. Strabone ce lo conferma, riferendo una sua esperienza diretta: «Ad ogni modo, quando Gallo era prefetto dell'Egitto, lo accompagnai risalendo il Nilo fino a Syene e alle frontiere dell'Etiopia, e appresi che fino a 120 vascelli stavano salpando da Myos Hormos verso l'India, quando in precedenza, sotto i Tolomei, solo in pochi si avventuravano nel viaggio intrattenendo commerci con l'India». Insomma, ai tempi di Augusto salpavano verso l’India fino a 120 navi all’anno. L’importazione di materie come la seta comportava un flusso di denaro sconcertante, almeno agli occhi “moralisti” di alcuni cronisti romani, come Plinio il Vecchio: «India, Cina e penisola Araba chiedono cento milioni di sesterzi dal nostro impero ogni anno: tanto ci costano i nostri lussi e le donne. [...]».
I “Kushan”, gli abitanti dell’impero indiano, che si estendeva dal Tagikistan fino alla Valle del Gange, riutilizzavano tutto quell’oro per il conio delle loro monete. Ancora una volta, notiamo come il contatto fra civiltà produca novità, scambi, influssi reciproci. Roma importava perle dall’oceano indiano – ambite dalle donne delle élites come gioielli di lusso –animali esotici da utilizzare negli spettacoli circensi, spezie di vario tipo, pepe, bacche di goji, olio di sesamo e zucchero per la preparazione del cibo. L'indaco veniva usato come colore, mentre tessuti di cotone, oltre alla seta, venivano usati come capi di vestiario. Dalle terre indiane arrivavano anche ebano per mobili, lime, pesche e vari altri frutti per usi medicinali.
E, a proposito di impulsi al progresso, il flusso di imbarcazioni su queste rotte incise sullo sviluppo della cantieristica. La navigazione lungo gli stretti golfi dell’India occidentale comportava l’utilizzo di imbarcazioni speciali. All’imbocco dei golfi, delle grandi navi chiamate trappaga e cotymba aiutavano a guidare le imbarcazioni straniere in modo sicuro fino al porto. Queste navi erano in grado di svolgere anche viaggi costali relativamente lunghi, come si può notare dalle raffigurazioni sui sigilli in uso all’epoca. In ogni sigillo, alcune righe parallele probabilmente indicavano le travi delle navi, mentre al centro dell'imbarcazione si trovava un singolo albero con una base a treppiede.
I ritrovamenti di monete romane nell’India occidentale, oltre a confermare l’importanza del commercio indo-romano, ci restituiscono l’immagine di queste navi indiane. C’è ancora tanto da esplorare per ricostruire la vivacità di quei contatti fra uomini, merci, idee, religioni. Torneremo presto a parlare di navi romane…
19-12-2021. Alessandro Coscia
Link al video: STORIE SEGRETE SULLA VIA DELLA SETA Edizione Novembre 2022
30 avanti Cristo: per gli amanti delle date, questo anno segna una svolta nei rapporti di Roma con l’oriente e, in generale, nella storia dei contatti fra civiltà differenti.
L’Egitto, infatti, diventa provincia dell’impero romano, gestita direttamente da Augusto. Roma acquisisce una regione fondamentale dal punto di vista geopolitico: l’Egitto dei Tolomei, alla cui dinastia apparteneva la regina Cleopatra, sconfitta insieme al suo amante Antonio dal neoimperatore, controllava le rotte commerciali con l’India grazie alla posizione strategica di Alessandria, la capitale del regno.
Roma ha di fronte a sé la possibilità di usare i porti sul Mar Rosso, già fondati dai Greci di epoca ellenistica e di sfruttare la navigazione con i monsoni stagionali. Questo significava maggiore sicurezza, grazie all’abbandono delle rotte costiere, più lunghe e pericolose, e tempi relativamente più brevi.
Lo storico Strabone ci racconta che Augusto ricevette ad Antiochia un ambasciatore da un regno dell’India meridionale, chiamato Pandryan da Dramira. Come sappiamo, gli incontri politici e diplomatici sono l’occasione per formalizzare rapporti commerciali vantaggiosi per le parti in gioco.
Roma valorizza i porti già fondati dai Tolomei, Arsinoe, Berenice e Myos Hormos e fa quello che sa fare meglio: potenziare intuizioni di altre civiltà e mettere in campo la sua formidabile macchina organizzativa e logistica. I Romani ripuliscono il canale tolemaico che collegava il Nilo al porto di Arsinoe, che si era ostruito a causa del limo.
L’obiettivo è chiaro: sostituire gli itinerari commerciali terrestri spostando il più possibile i traffici sulle rotte marittime. Strabone ce lo conferma, riferendo una sua esperienza diretta: «Ad ogni modo, quando Gallo era prefetto dell'Egitto, lo accompagnai risalendo il Nilo fino a Syene e alle frontiere dell'Etiopia, e appresi che fino a 120 vascelli stavano salpando da Myos Hormos verso l'India, quando in precedenza, sotto i Tolomei, solo in pochi si avventuravano nel viaggio intrattenendo commerci con l'India». Insomma, ai tempi di Augusto salpavano verso l’India fino a 120 navi all’anno. L’importazione di materie come la seta comportava un flusso di denaro sconcertante, almeno agli occhi “moralisti” di alcuni cronisti romani, come Plinio il Vecchio: «India, Cina e penisola Araba chiedono cento milioni di sesterzi dal nostro impero ogni anno: tanto ci costano i nostri lussi e le donne. [...]».
I “Kushan”, gli abitanti dell’impero indiano, che si estendeva dal Tagikistan fino alla Valle del Gange, riutilizzavano tutto quell’oro per il conio delle loro monete. Ancora una volta, notiamo come il contatto fra civiltà produca novità, scambi, influssi reciproci. Roma importava perle dall’oceano indiano – ambite dalle donne delle élites come gioielli di lusso –animali esotici da utilizzare negli spettacoli circensi, spezie di vario tipo, pepe, bacche di goji, olio di sesamo e zucchero per la preparazione del cibo. L'indaco veniva usato come colore, mentre tessuti di cotone, oltre alla seta, venivano usati come capi di vestiario. Dalle terre indiane arrivavano anche ebano per mobili, lime, pesche e vari altri frutti per usi medicinali.
E, a proposito di impulsi al progresso, il flusso di imbarcazioni su queste rotte incise sullo sviluppo della cantieristica. La navigazione lungo gli stretti golfi dell’India occidentale comportava l’utilizzo di imbarcazioni speciali. All’imbocco dei golfi, delle grandi navi chiamate trappaga e cotymba aiutavano a guidare le imbarcazioni straniere in modo sicuro fino al porto. Queste navi erano in grado di svolgere anche viaggi costali relativamente lunghi, come si può notare dalle raffigurazioni sui sigilli in uso all’epoca. In ogni sigillo, alcune righe parallele probabilmente indicavano le travi delle navi, mentre al centro dell'imbarcazione si trovava un singolo albero con una base a treppiede.
I ritrovamenti di monete romane nell’India occidentale, oltre a confermare l’importanza del commercio indo-romano, ci restituiscono l’immagine di queste navi indiane. C’è ancora tanto da esplorare per ricostruire la vivacità di quei contatti fra uomini, merci, idee, religioni. Torneremo presto a parlare di navi romane…
19-12-2021. Alessandro Coscia
Link al video: STORIE SEGRETE SULLA VIA DELLA SETA Edizione Novembre 2022